Non ci sono altre parole se non: Capolavoro. Potrei non aggiungere altro per definire il film di Giorgio Diritti, L’Uomo che verra’, ma mi priverei del gusto di poter scrivere tutto il bene possibile di un film. Da dove comincio? Sceneggiatura, regia, scelte musicali, fotografia, inquadrature, tempi narrativi, scelta del dialetto come lingua parlata dai personaggi, attori, volti, colori, messaggio, citazioni, equilibrio nei toni, senza scadere mai nell’ovvio, nel pietismo, ma con una eleganza, uno stile, una grandezza che sono proprie dei grandi maestri e dei capolavori.
L’allievo di Olmi supera il suo maestro. Nelle scene della natura, della famiglia riunita ad intrecciare ceste di vimini sembrava di rivedere le atmosfere de L’albero degli zoccoli. Bellissima la scelta di narrare la vicenda storica attraverso gli occhi di una bimba chiusa in un mutismo di dolore, di narrare non solo l’episodio di crudelta’della guerra, ma la vita della gente povera di quegli anni, di una comunita’, dei suoi riti, del legame alla terra e della fatica che si fa su di essa, dei sogni su un futuro migliore pensando all’emigrazione, della vita vera, dura, dei sentimenti profondi, silenziosi, che percorrono ogni scena. La scelta di cori, uno di voci bianche e uno di adulti, a sottolineare e rendere in maniera superba la drammaticita’ di alcuni momenti, e su tutti l’uomo, rappresentato nelle donne, nei bambini, nei tedeschi, nei partigiani, nei preti, nel bene, nel male, in attesa di quell’uomo che verra’, che sara’ diverso, migliore, e che purtroppo stiamo ancora aspettando.
Da vedere, rivedere, consigliare, non perdere, insomma: 10 su tutta la linea!
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